Le primarie: quasi due milioni di cittadini votano al gazebo
Dal riscatto del Partito Democratico
nuova speranza per l’intero Paese
di GUIDO NICOSIA
Andare oltre l’evidenza è grottesco. E tuttavia c’è ancora chi insiste, nel mondo paludato degli esegeti da salotto che popolano i talk show televisivi, con affermazioni disfattistiche nei confronti del Partito Democratico. A cominciare dalle elezioni regionali svoltesi, prima in Abruzzo e poi in Sardegna, dove il PD, malgrado il responso, fallace ad oltranza, disvelato dai soloni della demoscopia nazionale, si è collocato al primo posto tra i partiti più votati scesi a confronto nella competizione elettorale. Dire la verità, valutare semplicemente i fatti, non è elegante, non fa tendenza. Meglio il paradosso, l’azzardo di un giudizio gratuito ed intellettualmente degradante: “ Non importa la classifica, primo o secondo poco conta. Ciò che ha valenza politica è un altro dato, in passato (il PD) governava, ora non governa più” (Così, nella sostanza, Ferruccio de Bortoli a Carta Bianca).
Ma davvero dalla consultazione politica del 4 marzo 2018 (da solo un anno) che ha portato il partito Democratico a dimezzare i propri voti, dall’insediamento del governo giallo-verde Salvini Di Maio e dal preoccupante svilimento dei presupposti civili che ne è seguito, non è accaduto nulla di rilevante, se escludiamo il crollo del Pil nazionale, la recessione incalzante, la caduta della produzione industriale, il debito pubblico in continua ascesa, le esportazioni in calo, lo spread, tra il BTP italiano a 10 anni e il bund tedesco, alle stelle?
Davvero la grande manifestazione dei sindacati democratici, Cgil, Cisl e Uil che hanno portato in piazza milioni di persone a Roma il mese scorso per rivendicare il diritto al reddito derivante dalla dignità del lavoro, alla quale hanno partecipato, anche, delegazioni di imprenditori; davvero la fiaccolata organizzata spontaneamente dai cittadini di Melegnano, che si sono mossi in corteo, sindaco in testa, la settimana scorsa, per esprimere solidarietà a Bakery Dandio , un giovane senegalese adottato da una famiglia del paese e diventato bersaglio di un attacco razzista e, ancora, la grande piazza di Milano “ People, prima le persone”, che ha visto migliaia di cittadini di ogni età e di ogni condizione sociale marciare uniti contro il razzismo e le discriminazioni, da via Palestro, per le vie del centro, fino al Duomo, alla quale hanno aderito oltre mille associazioni della società civile (tra loro è bello ricordare “Mamme per la pelle”, genitori adottivi di bambini provenienti da paesi lontani talvolta insultati, per la loro diversità, perfino dai compagni di scuola) e 700 comuni che hanno fatto propria l’iniziativa, non sono forse eventi degni di considerazione?
Non è lecito, con questi rassicuranti chiari di luna, con tanta bella gente che decide di metterci la faccia, cominciare a coltivare qualche dubbio sulla tenuta, in un futuro nemmeno troppo lontano, dell’incestuoso connubio lega-cinque stelle? E’ peccato mettere al bando il pessimismo di maniera e lasciare maggiore spazio al “pensare positivo”? Ad esempio, esercitandosi in leggiadria a motteggiare i “sovranisti”, di ogni specie e di ogni colore, quando verrà l’ora, con quella frase tanto cara a “capitan Matteo”: la pacchia è finita! Magari, per i più coraggiosi, indossando una candida felpa con la dicitura a piene lettere sulla schiena. Pur tralasciando l’ovvia riflessione di chi seriamente osserva che autarchia e isolamento, in Europa, rappresentano scelte suicide fatalmente esposti, come siamo, alla pressione di economie globalizzate in rapida progressione, dall’America alla Cina. Che serve aizzare i cani ad abbaiare contro la Francia quando lo tsunami rischia di sommergerci, alzando onde gigantesche in partenza da Oltreatlantico e dal Pacifico?
L’ultimo evento, in ordine di tempo, è stato quello che ha chiamato, domenica scorsa, i cittadini, iscritti, simpatizzanti e semplici estimatori dello Stato di diritto, ad esprimere un voto alle primarie per la nomina del Segretario del Partito Democratico. Ed è stata una bella prova di autentica democrazia. Un milione e seicentomila persone dalle otto di mattina per l’intera giornata, davanti ai gazebo allestiti in tutte le città italiane, hanno fatto la coda per poter deporre la loro scheda nell’urna, versando ciascuno un contributo di due euro per rendere possibile l’organizzazione della consultazione popolare. Dei tre candidati in lizza ha vinto Nicola Zingaretti, presidente della Regione Lazio con il 66 per cento dei consensi. Gli altri due Maurizio Martina e Roberto Giachetti si sono complimentati con il neoeletto dichiarandosi disponibili a sostenere una segreteria unitaria. Walter Veltroni, uno dei padri fondatori del Partito, ha commentato: primarie, segnale di luce nel buio. Il successo di questo voto, rilevano molti osservatori, va ben oltre le vicende e gli interessi dei Dem, rappresenta un elemento di speranza per il riscatto dell’intero paese. A breve un’altra prova elettorale, il 24 marzo, chiamerà alle urne i cittadini della Basilicata per il rinnovo del Consiglio Regionale e subito dopo, in maggio, ci sarà il voto europeo, per eleggere il Parlamento di Strasburgo. Zingaretti promette di mettersi al lavoro, subito, per allargare la base del consenso includendo attorno ai democratici più vasti settori di opinione pubblica democratica di cenrosinistra. Un compito impegnativo. Un traguardo ambizioso. L’unico possibile per restituire al Paese la prospettiva di un ritorno sicuro alla legalità democratica e allo Stato di diritto. Ora o mai più. Perché non ha senso sostenere, come ha fatto Paolo Mieli, intervenendo al programma televisivo di Fabio Fazio, che le tappe per il recupero delle proprie posizioni sono al di la da venire per il PD. E non può essere realistico supporre – come ipotizza lo storico ex direttore del “Corriere” - che l’unica attuale alternativa possibile al governo Conte sia, di conseguenza, quella di centro-destra. Come dire: dalla padella salviniana alla brace del Cavaliere. Che fa il nesci, eccellenza?